Realizzazione personale

E' tanto che voglio aprire questo topic perchè credo che non ci sia qualcosa specificamente dedicato a questo. Quello sulla ricerca dell'indipendenza è un po' connesso ma mi serve un consiglio su qualcosa di diverso.
Come vi ho già detto qualche volta, attualmente sono più o meno in una fase sabbatica della mia vita.
Ho preso la proroga di 12 mesi per il dottorato e fino a dicembre mi concentrerò sull'esame da avvocato, ma sarà il mio terzo e ultimo tentativo. Non è facile dover stare ogni anno ad aspettare i risultati di giugno per sapere come dovrò passare i successivi tre mesi (se a studiare per l'orale oppure no). Inoltre da due anni non lavoro più in studio legale e vedo le difficoltà che hanno i miei colleghi a trovare uno studio adesso (cercano solo neolaureati per pratica forense), oltre al fatto che il settore è veramente in crisi e danno stipendi da fame.
Fino all'anno scorso mi sono concentrata sulla carriera accademica perchè era quello che volevo fare, e mi sono fatta una discreta esperienza nel mio settore, con tanto di partecipazione a conferenze europee come relatrice ecc... il tutto sotto la guida del mio prof, che mi ha sempre incoraggiata ma ha anche richiesto tantissimo impegno e un'ingerenza costante nella mia vita (non esistono orari lavorativi ma non esiste neanche il w.e., per cui vai di Skypecall alle 21.30 o tutto il giorno della domenica, via di seminari nel fine settimana, vai di settimane in cui fissa seminari o riunioni e bisogna stare lì ad oltranza, magari finire alle 19.30 e poi riprendere il viaggio verso casa) e tutto questo senza pagare mai nulla. A me è andata "bene" che avevo la borsa di studio ministeriale per il dottorato (ma che appunto sarebbe per un'altra cosa) ma alcune mie colleghe non hanno fonti di reddito e cmq ci siamo sempre sottoposte a tutto ciò in nome delle famose "opportunità di crescita per i giovani". Ora, dopo 5 anni di lavoro post-laurea io non mi ritengo più tanto una giovane che deve farsi la gavetta. D'altra parte, l'anno scorso ho avuto una profonda crisi e ho capito che questo tipo di vita non lo voglio fare. Lui purtroppo è solo prof a contratto e non può assicurarmi/ci niente, per cui sarebbe un continuo rincorrere assegni di ricerca preferibilmente all'estero e io questa cosa non la voglio fare. Secondo me, lui se n'è un po' accorto perchè da circa 6 mesi ho preso le distanze, lui ha delegato le attività di segretariato ad altre colleghe, e anche la mia tesi di dottorato deve virare su altri contenuti perchè al collegio docenti non va bene come l'avevo impostata con lui.
Nonostante questo, lui resta la persona che per 5 anni ho considerato il mio "mentore" e su cui mi sono affidata per prendere le mie decisioni lavorative. Quando questa primavera ho capito che le prospettive future erano solo castelli di carte ho avuto veramente una fase bruttissima, ma d'altra parte so anche che avrei potuto sicuramente impegnarmi di più e fare più cose.
Ora sono tanto combattuta. Io sento che nè l'avvocato nè la ricerca universitaria sono più la mia strada, sia un po' a livello di "cuore" sia a livello di "testa" (precariato a vita e orari di lavoro allucinanti, oltre al fatto che ormai mi sono trasferita); inoltre credo che siano lavori in cui se manca la passione non ce la sia fa. D'altra parte, ci credete se vi dico che non è facile mollare? Mi sembrerebbe di buttare via gli ultimi 5 anni e di non avere un piano B, di non essere niente. E la cosa mi fa tanta paura.
Stamattina è arrivata una mail in cui ci avverte che la settimana di Carnevale si terrà un corso in cui solitamente anche io faccio da docente. Il fatto è che di solito si è sempre fatto a gennaio, e nessuno ha mai parlato di Carnevale. Io ho già preso l'impegno di andare con i miei a trovare mio fratello a Lanzarote, non ci sono mai andata, e a parte questo mi dà sempre più fastidio questo modo di fare. Ovviamente lo dovrei fare gratis e pure rimettendoci i soldi del trasferimento, dato che la borsa di studio mi è scaduta, e nella mia lezione sono pure stata affiancata da una ricercatrice con più esperienza di me in generale, ma che è nuova nel mio specifico settore. Quindi ho anche il sospetto che mi stia silurando.
Ho anche paura che cmq senza il suo aiuto mi sarebbe molto più difficile finire la tesi, anche se non è il mio supervisor.
Per cui non so dirgli subito che non intendo andare avanti nel settore (ma penso che già col trasferimento lo abbia fiutato) o se sottostare a questo ennesima menata.
Non so come gestire i miei rapporti con lui (anche perchè se si incazza è capace di cancellarmi completamente da tutto, l'ha già fatto, e a me piacerebbe cmq avere assistenza per la tesi, anche se non ufficiale, e mantenere buoni rapporti) e ho capito che questo deriva dal fatto che non so che direzione far prendere alla mia vita.
Ho paura di non trovare lavoro se mollo qui, ma d'altra parte non credo neanche che riuscirei ad andare avanti con la carriera accademica.
Mi sento un po' di aver "fallito" mentre altre mie colleghe ce la stanno facendo, e questa sensazione mi brucia e non mi fa vedere le cose lucidamente.


Scusate la lunghezza del messaggio

tesoro mio...
che situazione ingarbugliata!!!!
io sono completamente fuori dalla maggior parte delle problematiche che hai esposto però una cosa posso dirtela e lo faccio con tutto il cuore: tu non sei fallita e non hai buttato il tuo tempo...
Il mondo del lavoro è cambiato, ormai c'è la legittimazione dello sfruttamento che è stata soprannominata "opportunità" ma chi ci crede più???? e trovo angosciante che si debba anche solo pensare che un futuro "dovuto" possa essere minato dalla gestione di un rapporto personale (come nel caso del tuo rapporto col prof.).
Io, andando avanti con gli anni, credo sempre meno alla realizzazione nel lavoro perché ci sono ormai troppi fattori che non dipendono più da noi, dal nostro impegno, dalla nostra bravura, ma da mille minchiate collaterali che sono diventate determinanti solo grazie alla legittimazione dell'abuso di potere...sembra un parolone, ma è proprio così. Un capo che litiga con la moglie ed è stressato può arrivare a gestire malissimo le risorse di cui dispone (persone) fino a relegarle a ruoli che li mortificano e che sono inadatti alle loro competenze (è un piccolo esempio, ma a me è capitato!!!!)...ma ci rendiamo conto???? e cosa si può fare? praticamente quasi nulla, perché più smuovi e più si rende evidente quanto chi ti sta gerarchicamente sopra riesca ad avere in mano la tua vita (che non è solo lavorativa...vedi le ingerenze nella vita privata derivanti da una gestione di tipo "schiavista"...)
Non vorrei farmi prendere la mano e andare off topic, ma cara Jillian ci vuole un piano B che preveda anche di fare completamente altro...non guardare le tue colleghe che ti sembra ce l'abbiano fatta...hanno altre storie, altri percorsi e altre priorità! Il tuo trasferimento deriva dalla crescita della coppia di cui fai parte...è un diritto sacrosanto, non cadere nel tranello che questo possa aver vanificato i tuoi anni di studio perché a quello ci pensa questa società infernale e profondamente "antiumana"...non perdere mai d'occhio l'intero di cui fai parte...come donna, compagna, futura mamma...
non sto delirando, eh?...è che sono proprio avvelenata sull'argomento!
Un abbraccio

Jill, grazie per aver aperto questo topic, è un pensiero che frulla in testa anche a me da un po' questa cosa della realizzazione personale!
Ora non ho tempo, stasera quando Dante dorme ritorno, Intanto quoto Cincia al 100%. Cambiare idea e opinione nella vita non è affatto sinonimo di fallimento!!

Jill per me è un argomento molto complesso e non riesco a risponderti a tutto tondo. Però sono d'accordissimo con Cincia, anche per me la realizzazione personale non passa assolutamente dal lavorare o meno, né dal fare un certo lavoro piuttosto che un altro. A meno di casi particolari, ad esempio gli artisti, oppure di imprenditori che avviano un'idea sana e vincente senza dover stare a compromessi, credo sia difficilissimo oggi sentirsi "appagati" dal proprio lavoro. Personalmente avrei anche delle ambizioni, ma so anche che sono utopistiche perché non c'è mercato per gli studi che ho fatto, quindi per me il lavoro è semplicemente un mezzo per sostentarmi, mantenere l'abitudine alla professionalità, mantenere un contatto con le persone... e basta.
Quando esco dall'ufficio non mi sento piena e soddisfatta per la giornata trascorsa a produrre: mi sento scalpitare perché finalmente torno nel mondo reale dove posso davvero occuparmi delle mie aspirazioni e dei miei desideri
Detto questo... se un percorso che abbiamo iniziato tempo fa è giunto alla conclusione o non ha più sbocchi adatti a noi, non è per un fallimento ma perché abbiamo scoperto che non faceva per noi! Vivere un periodo di limbo è sempre difficile psicologicamente ma cambiare rotta non significa aver fallito, significa cercare di meglio. Quindi, massima fiducia in te stessa, lascia perdere i paragoni con le colleghe e guardati intorno più che puoi!

Ragazze...GRAZIE di cuore
Oggi è davvero una brutta giornata, il solo aver ricevuto quella mail in cui ancora una volta si suppone che io dia la mia disponibilità come se fosse scontato mi ha fatto ricadere in un momento di depressione esistenziale...in questi quasi 5 anni gli sono andata incontro in tutti i modi, facendo mille cose che esulavano da quello che dovrebbe fare una dottoranda e l'ho sempre fatto perchè mi andava e mi piaceva.Ora non sento più nè la passione nè la spinta e al contrario anzichè cercarmi un post-doc all'estero (ammetto che ci sarebbero stati un paio di posti dove avrei potuto avere qualche chance) ho preferito andare a convivere e spostarmi in un posto che è lontano dalle università. E' una scelta che mi rende felice, lo sapete, ma al contempo non riesco ad accettare il fatto di avere cambiato le mie priorità. Il mio prof negli anni mi ha più volte detto che secondo lui l'ideale sarebbe che io andassi a vivere a Milano, lavorare lì come avvocato parttime e nel frattempo fare ricerca accademica (inseguendo assegni e incarichi annuali presumo). Lui fa così e in pratica non ha tempo libero, per questo dedica alla ricerca w.e., festività e serate. Di recente ho capito che non è questo lo stile di vita che voglio oltre al fatto che, in base al luogo di lavoro del mio moroso, di vivere a Milano non se ne parla. E ogni volta che il prof. mi tira dentro a sti progetti in cui mi fa fare da "tappabuchi" la vivo proprio male, molto peggio di quanto forse non meriterebbero, ma sono arrivata al limite.
Cincia, pur non conoscendo il settore, hai perfettamente capito come mi sento e le tue parole mi hanno proprio fatta sentire coccolata. Grazie mille specialmente questa parte

cinciarello ha scritto:cara Jillian ci vuole un piano B che preveda anche di fare completamente altro...non guardare le tue colleghe che ti sembra ce l'abbiano fatta...hanno altre storie, altri percorsi e altre priorità! Il tuo trasferimento deriva dalla crescita della coppia di cui fai parte...è un diritto sacrosanto, non cadere nel tranello che questo possa aver vanificato i tuoi anni di studio perché a quello ci pensa questa società infernale e profondamente "antiumana"...non perdere mai d'occhio l'intero di cui fai parte...come donna, compagna, futura mamma...

Il piano B in teoria era il titolo da avvocato che però non riesco a prendere (sto facendo un altro corso di preparazione e tutti i miei compiti prendono bei voti, per cui non so come migliorarmi e tendo a pensare che l'esame sia veramente un terno al lotto come mi hanno sempre detto).
Se togli quello non ho altri piani B per il momento, anche se come dice Valeria comincerò senza dubbio a guardarmi intorno.
Hai ragione Cincia quando parli del tranello della società che tende a farti credere che la carriera vale più di tutto. Io ci sono vittima. Se penso a Luisa e a Dip che hanno avuto bimbi durante il dottorato...da me questo non sarebbe stato possibile. Le mi colleghe più anziane hanno 3-4 anni più di me e nessuna ha figli nè progetta di averne a breve, perchè è  un lavoro che ti porta a viaggiare spesso e a fare da galoppina ai prof. Con un figlio sei fuori. E anche io fino a qualche anno la pensavo così. Io sono una di quelle che all'università non era soddisfatta di prendere meno di 28, però effettivamente vivevo male, non mi svagavo mai. In questi anni ho imparato a vivere e vivo bene, mi godo i momenti di quotidianità e ho sviluppato aspirazioni di famiglia (come vi ho raccontato di recente nei vari topic), ma questo mi ha portato a mettere in secondo piano le aspirazioni lavorative e diciamo che interiormente ancora non mi perdono questo cambiamento e mi sembra una cosa "sbagliata".
Sento che non voglio andare avanti con questo lavoro, che non mi dà più quello che mi dava prima, ma ho paura di gettare tutto alle ortiche.
Grazie a tutte e tre per le vostre parole, è quello che avevo bisogno di sentirmi dire, è come se sentissi la necessità che qualcuno mi dica che non sto sbagliando, anche se so che la "giustificazione" più grande la devo dare io a me stessa e non so perchè ma non riesco a farlo

Jill, ora non ho tempo di risponderti, ma in quello che hai raccontato mi è tornato in mente il perché 2 anni fa ho rifiutato di fare il dottorato...
Ti rispondo stasera, sperando di non andare off topic!

Eowyn, io ho aperto questo topic non tanto per il dottorato di per sè (immagino che tutte quelle che hanno affrontato un dottorato potranno dirmi che tutti i prof ti chiedono il 100% del tuo tempo e di non stupirmi di ciò), quanto per esprimere la mia difficoltà a fare pace con me stessa e a cercare di capire cosa mi possa far sentire realizzata nella vita e come raggiungere un equilibrio tra scelte personali, prospettive lavorative, crisi economica e imprevisti futuri...
In ogni caso aspetto la tua opinione/consiglio La vostra esperienza potrà aiutarmi a vedere le cose in maniera più chiara.

Jil credo che il primo passo verso la realizzazione personale lo dovresti fare accettando il cambiamento che c'è stato dentro di te, l'aver capito cosa non vuoi dalla tua vita... hai maturato aspirazioni familiari che prima non avevi e accettare questo cambiamento stai certa che ti aprirà dei piani B...
Io nell'ultimo periodo nonostante ami il lavoro che faccio ho capito che se voglio allargare la famiglia dovrò smettere di regalare ore di lavoro all'azienda quindi posso sognarmi ogni tipo di avanzamento ma le mie prospettive sono cambiate e lo accetto di buon grado...
Se riesco a connettermi dopo vorrei approfondire!

cinciarello ha scritto:.
Io, andando avanti con gli anni, credo sempre meno alla realizzazione nel lavoro  

Anch'io, non ci credo minimamente e se da un lato è frustrante dall'altro può anche essere un'opportunità per pensare ad una vita nuova.Personalmente ho lasciato il classico lavoro prestigioso come posizione sociale ma che non mi lasciava tempo per me, per organizzarmi, per godermi un fine settimana. Rimpianti? A volte ci penso perchè era un bel lavoro, lavoravo con gli atleti, mi sentivo importante, gratificata. Poi pero' ripenso a come sono cresciuta, come persona, scegliendo un lavoro part time da impiegata che mi ha permesso di vivere lentamente, di avere tanto tempo per me, per la famiglia, per i miei hobby. Non avrei mai avuto tempo ma neanche la "testa" per danzare, per dedicarmi al volontariato, alla cucina veg, al cucito, ai pelosi... non sarei stata io a quest'ora. E' vero, in questo lavoro sono sprecata ma sinceramente a conti fatti credo di aver fatto la scelta giusta.
Ad ogni modo non tutti i lavori nelle università sono così, è vero che dipende molto dalle materie, mio fratello ha la tua età ed è un matematico, non ha mai lavorato gratis ma con dei buoni stipendi ed ora ha un ottimo posto in Germania. Non è giusto questo sfruttamento di cui parli, non è giusto accettarlo a vita, vivere appesi alle paturnie di un prof, davvero non so come fai, io all'università con i prof ho perso la pazienza per moooolto meno. Credo davvero che serva un piano B tesoro Anche un lavoro semplice, che ti dà quel che ti basta in termini economici, io credo che la realizzazione vada cercata altrove. E ti chiedo scusa perchè è solo la mia opinione, sicuramente fortemente minoritaria e non è che non capisco cosa provi quando dici che hai paura di buttare tanto tempo e tanti sacrifici. Pero' io penso che il tempo impiegato nella cultura non è mai buttato via Un abbraccio

Linda macchè scusa, tu hai espresso benissimo quale sia uno dei motivi del mio conflitto interiore. Il fatto è che anche io ho sempre puntato al "lavoro di prestigio" e ora mi scoccia tantissimo lasciarlo e andare a cercare un lavoro più modesto perchè ci ho sudato tanto e ho sempre avuto ambizioni di questo tipo, lo ammetto. Ma allo stesso tempo sento che mi manca l'aria ad andare avanti. E' una grande contraddizione, lo so, ma sto così da diversi mesi ormai.
Hai ragione, il tempo impiegato nella cultura non è buttato e ho fatto mille esperienze che mai avrei pensato di fare, però ci vuole coraggio per decidersi finalmente a fare quel piccolo salto e dire "basta, io mi fermo qui".
E' come quando si sta insieme a una persona da tanti anni e ci si sente soffocare dalla relazione, ci sono i litigi e i pianti, ma nonostante tutto non si trova la forza di farla finita perchè si ha paura di cosa succede dopo, e di non riuscire a trovare "altro".
Però il discorso che fai sul lavoro part-time e sulla qualità della vita è verissimo Io già solo in questi tre mesi di studio a casa con frequenza in università davvero minima, mi sento molto meglio e vivo più serena (e un po' me ne vergogno ).

Sharon: grazie per l'incoraggiamento e la dose di positività