Il Padre Nostro: uno sguardo in profondità
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Il Padre Nostro: uno sguardo in profondità
Sono diverse settimane che penso a questo topic e oggi mi sento ispirata finalmente a condividere con voi queste riflessioni sulla preghiera più conosciuta del mondo Cristiano: il Padre Nostro!
Tradotta in oltre 150 lingue, la sua versione originale risale all'Aramaico, in particolare il dialetto galilaico, ossia la lingua parlata da Gesù sulla Terra.
Gesù insegna esplicitamente questa preghiera agli apostoli, come recita il vangelo di Matteo 6:9-13, come strumento per rivolgersi a Dio nostro Padre.
Quasi tutti conoscono o almeno hanno sentito le parole di questa preghiera nel corso della loro vita e magari la usano nel loro quotidiano.
Ma come è stato per tanti aspetti della Cristianità, io stessa ho fatto fatica a comprendere il vero significato o il vero motivo di queste parole.
E come è stato per gli altri aspetti, io ho avuto l'esigenza di una "traduzione" (saved in translation!) prima che quelle parole o concetti potessero toccarmi ed arrivare, come una correnta elettrica, a connettermi con Cristo ed il suo messaggio.
Nel caso del Padre Nostro, per me si è trattato letteralmente di una traduzione! Infatti, pur conoscendo questa preghiera in lingua italiana ed inglese, non riuscivo a trovarne il messaggio. Le frasi mi apparivano sconnesse...che c'entra il pane? che c'entrano debiti e debitori? Non l'ho mai capito. E va bene che Fede è anche fiducia nel significato di ciò che oggi non comprendiamo, ma magari domani sì, però quando quel domani arriva... è tutta un'altra storia!
La versione che a me ha spalancato le porte della comprensione è stata proprio quella nell'originale Aramaico!
Mi ci sono avvicinata un po' per caso quando quest'estate ho intrapreso lo studio dell'ebraico biblico, muovendo piccolissimi passi, ma pieni di gioia e trasformazione!
Infatti, dobbiamo sempre ricordare che Gesù e gli apostoli parlavano Aramaico, una lingua simile all'Ebraico, lingua originale dei testi sacri, dalla quale è stata tradotta dapprima in Greco e solo dopo in tutte le lingue del mondo antico e nuovo.
E quando ci riferiamo al Padre Nostro, già spuntano alcune prime, essenziali differenze tra Aramaico e il vicino Ebraico!
Figuriamoci l'effetto "gioco del telefono" che che inevitabilmente scaturisce dalle traduzioni successive...
Qui di seguito vi offro quella che è la mia ricostruzione del Padre Nostro, a partire dall'Aramaico. Più in basso, troverete i miei commenti sulle differenze rispetto alla versione a cui siamo abituati.
Padre Nostro, che sei nei Cieli,
sia santificato il tuo nome.
Venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà in Terra,
così come in Cielo.
Dacci la vita giorno per giorno.
Prenditi cura del nostro peccato,
come noi ci prendiamo cura del peccato degli altri.
Non ci condurre in giudizio oggi,
ma liberaci dagli effetti del male,
Amen
La prima frase è molto chiara e resiste bene infatti alle traduzioni. Gesù si rivolge al Padre con affetto, in Aramaico lo chiama praticamente "papà" ("Abwoon", dove la radice Abba si unisce a -oon, "nostro"), stabilisce che si trova nei Cieli e invoca che il suo nome sia onorato, rispettato, celebrato.
La parte successiva già comporta una piccola variazione perché l'enfasi non è sul "sia fatta la tua volontà", seguita da "in terra tanto quanto in cielo", come fossero la stessa cosa, come il tono della nostra recitazione spesso suggerisce. Se la dualità tra cielo e Terra è presente nel primissimo verso di Genesi ("in principio Dio creò i Cieli e la Terra"), adesso nel Nuovo Testamento ci ricorda come il Cielo, in quanto regno di Dio, ha domìnio sui fatti della Terra. C'è già una volontà in corso in Cielo e quella sulla Terra ne è il riflesso. Gesù, con la sua propria vita, simboleggia esattamente questo aspetto, scendendo in Terra con la sua missione.
E qui si arriva alla parte più significativamente trasformativa della traduzione. In varie lingue, qui troviamo "dacci oggi il nostro pane quotidiano". A volte questo viene interpretato come "prenditi cura di noi e dacci da mangiare ogni giorno", più spesso è considerata una metafora in cui il "pane" è la parola, ossia la Bibbia, importante per un Cristiano. Ma quando Gesù insegna questa preghiera...la Bibbia non è stata ancora scritta! Il messaggio di Gesù, nel suo sacrificio, ancora non è stato compiuto. Quindi, a cosa si riferisce il "pane"?
Uno sguardo all'Ebraico ci rivela che la parola per "pane" (lechem) è estremamente simile alla parola "vita" (l'chaim è infatti un'espressione celebratoria tutt'oggi usata dalla comunità ebraica durante i brindisi). Ecco che allora prende senso. Gesù non perde tempo a chiedere cibo, benché fondamentale per la vita, perché il Padre sa già che ne abbiamo bisogno. Gesù chiede VITA stessa, per ancora un giorno, un giorno alla volta. Infatti in Aramaico la traduzione più vicina è "dacci pane un giorno alla volta, giorno per giorno" e non "pane quotidiano". Gesù chiede direttamente la cosa più grande e più importante che si possa chiedere al Padre: la sua presenza, dentro di noi. Questo ha pienamente significato per coloro che intendono Dio letteralmente come la forza vitale sul pianeta.
Fatto questo passaggio, sempre l'Aramaico ci permette allora di cogliere il senso dei paragrafi successivi, che si giustappongono adesso al senso del paragrafo precedente!
Emerge un equilibrio ritmico con i versi successivi, che parlano ora del nostro peccato. Ahh, ma questo è un altro concetto comunemente soggetto a "strappi e distorsioni"....
Quando recitiamo "rimetti a noi i nostri peccati, come noi li rimettiamo ai nostri debitori" oppure in inglese "forgive us our trespasses, as we forgive those who trespass against us", intanto possiamo notare un'ampia differenza anche solo tra queste due versioni moderne. In italiano, l'enfasi appare quasi sulla "regolazione di conti". In inglese va un po' meglio, ma nemmeno troppo: io ho "debiti", ma tanto anche un altro ha "debiti", allora facciamo un bel condono generale e non se ne parla più...! ...e non vi pare che stiamo paragonando la nostra capacità di perdonare con la capacità di Dio di perdonare..? Se si tratta di fare i conti, allora be', vedete che qui non tornano!
Ma se andiamo ancora una volta a recuperare il significato della parola "peccato" in ebraico (hata), troviamo che questa parola viene dal gergo del tiro con l'arco e si riferisce letteralmente all'atto di "mancare il bersaglio". Non espando qui sul significato del peccato, perché c'è moltissimo da dire e riserverò un topic a parte.
Ma il peccato è il marchio dell'essere umano sulla Terra. E' tutto ciò che contrappone l'uomo a Dio, e lo separa. E' il risultato dell'opera di Satana sulla Terra, come apprendiamo già dalla Genesi. Si riferisce alla sua natura adesso mortale, oltre che tutto ciò che ne deriva: la sua capacità di sbagliare, fare passi falsi e ascoltare il nemico anziché Dio (da cui però deriva anche il libero arbitrio! Dio usa tutto per la sua gloria).
E cosa chiede Gesù a Dio riguardo il peccato? Chiede di "rimettere", "perdonare"...? Chiede di prenderci cura. E allora qui sì, che possiamo seguire le orme di Dio.
Possiamo certamente chiedere a Dio di prenderci cura del nostro peccato (=tutto ciò che concerne il nostro limite, tutto umano) e possiamo ben impegnarci a fare altrettanto, prendendoci cura della condizione umana degli altri, in un circuito di amore, compassione, carità verso il prossimo, che da Dio giunge a noi e a Lui ritorna per la Sua gloria. Valori che poi saranno infatti ripetuti ed esemplificati nel messaggio di Cristo ai discepoli.
Gesù chiede a Dio di darci Vita e di aiutarci con i nostri limiti rispetto alla Vita.
E qui arriva il contrasto con tutto ciò che oppone la Vita, riassunto efficacemente nella seconda metà.
"Non ci indurre in tentazione", siamo abituati a recitare. Ma Dio non induce mai in tentazione, lo appuriamo senza dubbio dai testi sacri. Dio permette che siamo tentati, affinché ci appoggiamo a Lui, ma non è mai l'autore di caos, confusione, dubbio morale (1 Corinzi 14:33 "perché Dio non è un Dio di confusione, ma di pace" 1 Corinthians 14:33 "For God is not a God of confusion but of peace.").
L'Aramaico, con le sue origini vicine all'Ebraismo, rivela meglio il senso di questo passaggio. Infatti dice "non ci portare in giudizio oggi". Cosa intende? Si riferisce al ruolo che Satana ha sempre avuto e continua ad avere nell'Ebraismo: quello dell'avversario, del nemico, ma letteralmente in origine era l'accusatore. Svolgeva il ruolo dell'accusa durante un processo in tribunale. Avete presente l'espressione "fare l'avvocato del diavolo"? Ecco, nell'Ebraismo, la religione delle persone a cui Gesù insegna, il diavolo E' lui stesso quell'avvocato!
Cosa significa allora "non ci portare a giudizio oggi". Ricordiamo che questo verso si contrappone a "dacci la vita giorno per giorno". E' una richiesta di non condurci ancora al cospetto del nemico e del suo giudizio, non ci condurre a quel processo finale che ci attende con la morte. Dacci la vita, ancora un giorno, non la morte.
"Ma liberaci dal male", continua il Padre Nostro che conosciamo. In Aramaico, la parola che Gesù usa per "male" è "bisha" ed è ancora una parola riferita al tiro con l'arco e si riferisce agli effetti prodotti da "hata" (mancare il bersaglio). "Bisha" è ciò che resta nel bersaglio dopo che la freccia lo ha colpito nel punto sbagliato, ovvero una ferita, una squarciatura. Un danno. Allora Gesù non chiede di liberarci dal male: non è questa la missione di un cristiano ed infatti il male continua sempre ad essere presente sulla Terra e non può essere evitato, perché ancora più importante è il nostro rapporto con questa forza! (1 Pietro 5:8 "Siate lucidi e all'erta. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare" 1 Peter 5:8 "Be sober-minded, be alert. Your adversary the devil is prowling around like a roaring lion, looking for a prey to devour")
Gesù chiede invece di risparmiarci dagli effetti del male, ossia dai danni a cui il nostro peccato può condurre, quando ascoltiamo il nemico anziché Dio. Questa condizione ci riguarda, in quanto umani sulla Terra ed ignorarla ha un costo elevato. Perciò dopo l'invocazione alla Vita, porta la necessaria attenzione sui due tipi di male: il peccato, il nostro passo falso, di cui però possiamo prenderci cura. La nostra mortalità naturale. Ma gli contrappone anche gli effetti del male fine a se stesso, quello che procura danno e sofferenza evitabile sulla Terra.
In quest'ottica quindi, attraverso la semplice triangolazione di questi concetti (una Vita, due tipi di male), il Padre Nostro racchiude secondo questa interpretazione già da solo i capisaldi della dottrina Cristiana e costituisce un prezioso simbolo dell'intero messaggio di Cristo. Le sue parti sono ora collegate tra loro e riferite al rapporto tra Dio e l'uomo, nel quale Cristo è il necessario, cruciale mediatore (Giovanni 14:6 "Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me." John 14:6 "Jesus answered, “I am the way and the truth and the life. No one comes to the Father except through me").
Vi aspetto nei commenti con le vostre riflessioni, domande, obiezioni...e tutto quanto possa esserci utile per avvicinarci sempre di più a Cristo!
Tradotta in oltre 150 lingue, la sua versione originale risale all'Aramaico, in particolare il dialetto galilaico, ossia la lingua parlata da Gesù sulla Terra.
Gesù insegna esplicitamente questa preghiera agli apostoli, come recita il vangelo di Matteo 6:9-13, come strumento per rivolgersi a Dio nostro Padre.
Quasi tutti conoscono o almeno hanno sentito le parole di questa preghiera nel corso della loro vita e magari la usano nel loro quotidiano.
Ma come è stato per tanti aspetti della Cristianità, io stessa ho fatto fatica a comprendere il vero significato o il vero motivo di queste parole.
E come è stato per gli altri aspetti, io ho avuto l'esigenza di una "traduzione" (saved in translation!) prima che quelle parole o concetti potessero toccarmi ed arrivare, come una correnta elettrica, a connettermi con Cristo ed il suo messaggio.
Nel caso del Padre Nostro, per me si è trattato letteralmente di una traduzione! Infatti, pur conoscendo questa preghiera in lingua italiana ed inglese, non riuscivo a trovarne il messaggio. Le frasi mi apparivano sconnesse...che c'entra il pane? che c'entrano debiti e debitori? Non l'ho mai capito. E va bene che Fede è anche fiducia nel significato di ciò che oggi non comprendiamo, ma magari domani sì, però quando quel domani arriva... è tutta un'altra storia!
La versione che a me ha spalancato le porte della comprensione è stata proprio quella nell'originale Aramaico!
Mi ci sono avvicinata un po' per caso quando quest'estate ho intrapreso lo studio dell'ebraico biblico, muovendo piccolissimi passi, ma pieni di gioia e trasformazione!
Infatti, dobbiamo sempre ricordare che Gesù e gli apostoli parlavano Aramaico, una lingua simile all'Ebraico, lingua originale dei testi sacri, dalla quale è stata tradotta dapprima in Greco e solo dopo in tutte le lingue del mondo antico e nuovo.
E quando ci riferiamo al Padre Nostro, già spuntano alcune prime, essenziali differenze tra Aramaico e il vicino Ebraico!
Figuriamoci l'effetto "gioco del telefono" che che inevitabilmente scaturisce dalle traduzioni successive...
Qui di seguito vi offro quella che è la mia ricostruzione del Padre Nostro, a partire dall'Aramaico. Più in basso, troverete i miei commenti sulle differenze rispetto alla versione a cui siamo abituati.
Padre Nostro, che sei nei Cieli,
sia santificato il tuo nome.
Venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà in Terra,
così come in Cielo.
Dacci la vita giorno per giorno.
Prenditi cura del nostro peccato,
come noi ci prendiamo cura del peccato degli altri.
Non ci condurre in giudizio oggi,
ma liberaci dagli effetti del male,
Amen
La prima frase è molto chiara e resiste bene infatti alle traduzioni. Gesù si rivolge al Padre con affetto, in Aramaico lo chiama praticamente "papà" ("Abwoon", dove la radice Abba si unisce a -oon, "nostro"), stabilisce che si trova nei Cieli e invoca che il suo nome sia onorato, rispettato, celebrato.
La parte successiva già comporta una piccola variazione perché l'enfasi non è sul "sia fatta la tua volontà", seguita da "in terra tanto quanto in cielo", come fossero la stessa cosa, come il tono della nostra recitazione spesso suggerisce. Se la dualità tra cielo e Terra è presente nel primissimo verso di Genesi ("in principio Dio creò i Cieli e la Terra"), adesso nel Nuovo Testamento ci ricorda come il Cielo, in quanto regno di Dio, ha domìnio sui fatti della Terra. C'è già una volontà in corso in Cielo e quella sulla Terra ne è il riflesso. Gesù, con la sua propria vita, simboleggia esattamente questo aspetto, scendendo in Terra con la sua missione.
E qui si arriva alla parte più significativamente trasformativa della traduzione. In varie lingue, qui troviamo "dacci oggi il nostro pane quotidiano". A volte questo viene interpretato come "prenditi cura di noi e dacci da mangiare ogni giorno", più spesso è considerata una metafora in cui il "pane" è la parola, ossia la Bibbia, importante per un Cristiano. Ma quando Gesù insegna questa preghiera...la Bibbia non è stata ancora scritta! Il messaggio di Gesù, nel suo sacrificio, ancora non è stato compiuto. Quindi, a cosa si riferisce il "pane"?
Uno sguardo all'Ebraico ci rivela che la parola per "pane" (lechem) è estremamente simile alla parola "vita" (l'chaim è infatti un'espressione celebratoria tutt'oggi usata dalla comunità ebraica durante i brindisi). Ecco che allora prende senso. Gesù non perde tempo a chiedere cibo, benché fondamentale per la vita, perché il Padre sa già che ne abbiamo bisogno. Gesù chiede VITA stessa, per ancora un giorno, un giorno alla volta. Infatti in Aramaico la traduzione più vicina è "dacci pane un giorno alla volta, giorno per giorno" e non "pane quotidiano". Gesù chiede direttamente la cosa più grande e più importante che si possa chiedere al Padre: la sua presenza, dentro di noi. Questo ha pienamente significato per coloro che intendono Dio letteralmente come la forza vitale sul pianeta.
Fatto questo passaggio, sempre l'Aramaico ci permette allora di cogliere il senso dei paragrafi successivi, che si giustappongono adesso al senso del paragrafo precedente!
Emerge un equilibrio ritmico con i versi successivi, che parlano ora del nostro peccato. Ahh, ma questo è un altro concetto comunemente soggetto a "strappi e distorsioni"....
Quando recitiamo "rimetti a noi i nostri peccati, come noi li rimettiamo ai nostri debitori" oppure in inglese "forgive us our trespasses, as we forgive those who trespass against us", intanto possiamo notare un'ampia differenza anche solo tra queste due versioni moderne. In italiano, l'enfasi appare quasi sulla "regolazione di conti". In inglese va un po' meglio, ma nemmeno troppo: io ho "debiti", ma tanto anche un altro ha "debiti", allora facciamo un bel condono generale e non se ne parla più...! ...e non vi pare che stiamo paragonando la nostra capacità di perdonare con la capacità di Dio di perdonare..? Se si tratta di fare i conti, allora be', vedete che qui non tornano!
Ma se andiamo ancora una volta a recuperare il significato della parola "peccato" in ebraico (hata), troviamo che questa parola viene dal gergo del tiro con l'arco e si riferisce letteralmente all'atto di "mancare il bersaglio". Non espando qui sul significato del peccato, perché c'è moltissimo da dire e riserverò un topic a parte.
Ma il peccato è il marchio dell'essere umano sulla Terra. E' tutto ciò che contrappone l'uomo a Dio, e lo separa. E' il risultato dell'opera di Satana sulla Terra, come apprendiamo già dalla Genesi. Si riferisce alla sua natura adesso mortale, oltre che tutto ciò che ne deriva: la sua capacità di sbagliare, fare passi falsi e ascoltare il nemico anziché Dio (da cui però deriva anche il libero arbitrio! Dio usa tutto per la sua gloria).
E cosa chiede Gesù a Dio riguardo il peccato? Chiede di "rimettere", "perdonare"...? Chiede di prenderci cura. E allora qui sì, che possiamo seguire le orme di Dio.
Possiamo certamente chiedere a Dio di prenderci cura del nostro peccato (=tutto ciò che concerne il nostro limite, tutto umano) e possiamo ben impegnarci a fare altrettanto, prendendoci cura della condizione umana degli altri, in un circuito di amore, compassione, carità verso il prossimo, che da Dio giunge a noi e a Lui ritorna per la Sua gloria. Valori che poi saranno infatti ripetuti ed esemplificati nel messaggio di Cristo ai discepoli.
Gesù chiede a Dio di darci Vita e di aiutarci con i nostri limiti rispetto alla Vita.
E qui arriva il contrasto con tutto ciò che oppone la Vita, riassunto efficacemente nella seconda metà.
"Non ci indurre in tentazione", siamo abituati a recitare. Ma Dio non induce mai in tentazione, lo appuriamo senza dubbio dai testi sacri. Dio permette che siamo tentati, affinché ci appoggiamo a Lui, ma non è mai l'autore di caos, confusione, dubbio morale (1 Corinzi 14:33 "perché Dio non è un Dio di confusione, ma di pace" 1 Corinthians 14:33 "For God is not a God of confusion but of peace.").
L'Aramaico, con le sue origini vicine all'Ebraismo, rivela meglio il senso di questo passaggio. Infatti dice "non ci portare in giudizio oggi". Cosa intende? Si riferisce al ruolo che Satana ha sempre avuto e continua ad avere nell'Ebraismo: quello dell'avversario, del nemico, ma letteralmente in origine era l'accusatore. Svolgeva il ruolo dell'accusa durante un processo in tribunale. Avete presente l'espressione "fare l'avvocato del diavolo"? Ecco, nell'Ebraismo, la religione delle persone a cui Gesù insegna, il diavolo E' lui stesso quell'avvocato!
Cosa significa allora "non ci portare a giudizio oggi". Ricordiamo che questo verso si contrappone a "dacci la vita giorno per giorno". E' una richiesta di non condurci ancora al cospetto del nemico e del suo giudizio, non ci condurre a quel processo finale che ci attende con la morte. Dacci la vita, ancora un giorno, non la morte.
"Ma liberaci dal male", continua il Padre Nostro che conosciamo. In Aramaico, la parola che Gesù usa per "male" è "bisha" ed è ancora una parola riferita al tiro con l'arco e si riferisce agli effetti prodotti da "hata" (mancare il bersaglio). "Bisha" è ciò che resta nel bersaglio dopo che la freccia lo ha colpito nel punto sbagliato, ovvero una ferita, una squarciatura. Un danno. Allora Gesù non chiede di liberarci dal male: non è questa la missione di un cristiano ed infatti il male continua sempre ad essere presente sulla Terra e non può essere evitato, perché ancora più importante è il nostro rapporto con questa forza! (1 Pietro 5:8 "Siate lucidi e all'erta. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare" 1 Peter 5:8 "Be sober-minded, be alert. Your adversary the devil is prowling around like a roaring lion, looking for a prey to devour")
Gesù chiede invece di risparmiarci dagli effetti del male, ossia dai danni a cui il nostro peccato può condurre, quando ascoltiamo il nemico anziché Dio. Questa condizione ci riguarda, in quanto umani sulla Terra ed ignorarla ha un costo elevato. Perciò dopo l'invocazione alla Vita, porta la necessaria attenzione sui due tipi di male: il peccato, il nostro passo falso, di cui però possiamo prenderci cura. La nostra mortalità naturale. Ma gli contrappone anche gli effetti del male fine a se stesso, quello che procura danno e sofferenza evitabile sulla Terra.
In quest'ottica quindi, attraverso la semplice triangolazione di questi concetti (una Vita, due tipi di male), il Padre Nostro racchiude secondo questa interpretazione già da solo i capisaldi della dottrina Cristiana e costituisce un prezioso simbolo dell'intero messaggio di Cristo. Le sue parti sono ora collegate tra loro e riferite al rapporto tra Dio e l'uomo, nel quale Cristo è il necessario, cruciale mediatore (Giovanni 14:6 "Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me." John 14:6 "Jesus answered, “I am the way and the truth and the life. No one comes to the Father except through me").
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Ultima modifica di Jessica il Lun Ott 03, 2022 12:07 pm - modificato 1 volta.
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Dott.ssa Jessica Borgogni
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Re: Il Padre Nostro: uno sguardo in profondità
Ciao, mi chiamo Carmen. Innanzitutto volevo ringraziarti per aver condiviso questa elaborazione che viene da un cuore profondamente innamorato. È proprio vero che ogni traduzione è un tradimento e la preghiera del padre nostro è una "vittima". Ma grazie a te che mi hai portato a pensare, leggendola e rileggendola ho compreso che una preghiera ispirata e donata dalla voce di Cristo non poteva essere così "scarna". In ogni parola c'è vita, amore, compassione, accettazione, riconoscimento e nessuna punizione!
Grazie di cuore.
Carmen
Grazie di cuore.
Carmen
Carmen- Numero di messaggi : 1
Età : 45
Data d'iscrizione : 30.09.22
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Re: Il Padre Nostro: uno sguardo in profondità
Ciao Carmen! Benvenuta sul forum
Che bellissime parole hai scelto!
Sono tanto commossa per il tuo commento e ti ringrazio molto di aver condiviso il tuo cuore con noi felicissima di averti ispirato!
Tradurre le Scritture per me è una missione per far arrivare il messaggio di Cristo a quante più persone possibili.
Che bellissime parole hai scelto!
Sono tanto commossa per il tuo commento e ti ringrazio molto di aver condiviso il tuo cuore con noi felicissima di averti ispirato!
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Dott.ssa Jessica Borgogni
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Re: Il Padre Nostro: uno sguardo in profondità
Grazie Jessica per aver condiviso con noi questo gran lavoro fatto, ho sempre pensato al Padre Nostro come una sorta di inno all'amore allo stato puro, a prescindere dalla presenza o meno di fede.
Una curiosità: nella versione italiana la seconda frase è presente "venga il tuo regno", mentre non lo vedo nella tua traduzione. Si è trattata quindi di un'aggiunta successiva?
Una curiosità: nella versione italiana la seconda frase è presente "venga il tuo regno", mentre non lo vedo nella tua traduzione. Si è trattata quindi di un'aggiunta successiva?
mulan- Numero di messaggi : 3150
Età : 35
Data d'iscrizione : 30.08.11
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Re: Il Padre Nostro: uno sguardo in profondità
No, pardon, si tratta di una mia svista! grazie mille di averlo segnalato
Quella parte rimane conservata nelle varie traduzioni, quello che è stato aggiunto nel 1611 è da parte della Chiesa Protestante alla fine della preghiera "for thine is the kingdom, the power and the glory, forever and ever", assimilato poi dalla Chiesa Cattolica in anni molto recenti (causando varie controversie).
La preghiera originale è più breve ed è importante "non aggiungere e non togliere"
Quella parte rimane conservata nelle varie traduzioni, quello che è stato aggiunto nel 1611 è da parte della Chiesa Protestante alla fine della preghiera "for thine is the kingdom, the power and the glory, forever and ever", assimilato poi dalla Chiesa Cattolica in anni molto recenti (causando varie controversie).
La preghiera originale è più breve ed è importante "non aggiungere e non togliere"
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Dott.ssa Jessica Borgogni
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Re: Il Padre Nostro: uno sguardo in profondità
Grazie mille del chiarimento, non sapevo proprio questo dettaglio, e complimenti ancora per lo studio approfondito!
mulan- Numero di messaggi : 3150
Età : 35
Data d'iscrizione : 30.08.11
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Re: Il Padre Nostro: uno sguardo in profondità
Grazie a te per l'ascolto e la premura
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