Menopausa e climaterio

Jessica ha scritto:
Assolutamente puoi parlare qui di tutti gli aspetti che ritieni opportuni! Siamo psiche e soma, personalmente non incoraggio distinzioni

Oooooh era proprio quello che avevo bisogno di sentirmi dire...
Sono qui che osservo e non mi sorprendo di me perché sta andando tutto, nel bene e nel male, come me lo aspettavo...del resto dopo una vita di monitoraggio ci sta che colga ogni più piccola sfumatura...
Mi rammarico solo del fatto che non sono riuscita a rimanere costante con la ripresa delle misurazioni perché sicuramente mi avrebbero aiutata tantissimo.
Sono qui fermamente intenzionata ad accogliere, anche se questo può significare anche accogliere lo sconforto e la destabilizzazione...resto convinta che sia un momento, a suo modo magico, che spesso invece viene vissuto con profondo disagio solo a causa delle situazioni collaterali nelle quali siamo immerse (relazioni, vita lavorativa, impegni familiari) e che per prime fanno resistenza al nostro cambiamento rimandandoci un'immagine di noi sbagliata che ci influenza negativamente; credo che la cosa più importante da fare sia creare una connessione molto profonda con noi stesse per opporci a tutto questo...
Auguratemi buon lavoro!!!

Ti auguriamo un FANTASTICO lavoro!! e sono sicurissima che lo sarà!

L'ascolto ripaga sempre, quando è aperto e informato, perché l'attenzione è la prima forma di amore

Siamo state pioniere di nuovi modi di vivere la fertilità e le scelte riproduttive, tra poco sarà tempo di essere pioniere di un altro modo ancora, stavolta per immergerci nella nostra dimensione vitale e cogliere ancora molte preziose lezioni su cosa significhi essere cicliche. La storia non sarebbe compiuta, senza un gran finale

Come tutti gli Autunni e le fasi post-produttive, prepariamoci ad accogliere anche sconforto, rammarico, ambivalenza. Non è detto che ci siano, ma è preventivabile e certamente ammesso

La fine della vita fertile attiva dei varchi dentro di noi, dove sorgono domande inedite. L'esortazione
è ad affrontarle con coraggio e ad accogliere le risposte che ne scaturiscono, coltivando la saggezza che è il dono di questa fase.

Abbiamo visto i primi volti di questa esperienza (dall'infanzia alla pubertà e poi con l'età adulta), ora ne vedremo uno nuovo, l'ultimo ma che continua a portare con sé tutto ciò che è rimasto di prima. Le esperienze maturate durante gli anni fertili restano con noi, ne portiamo il ricordo, il valore, i lasciti. Ci saranno stati progetti, risultati, cose fatte e vissute che restano vere e vive, non se ne vanno via avranno solo cambiato forma e distanza! Proprio come un figlio quando cresce.

Per alcune donne la menopausa è dolore per la fine del potenziale fertile, anche se spesso l'elaborazione di questi vissuti è cominciata negli anni precedenti, quando si comincia a capire che una gravidanza avrebbe rischi troppo elevati in rapporto all'età. Qui la ciclicità continua, come a darci una possibilità di misurarci con il potenziale fertile ancora attivo, ma dal quale ci stiamo già di fatto accommiatando.
E' una fase preziosa in cui vivere una fertilità-non-fertile, in modo fisiologico. Per qualcuno consiste anche in un primo riscatto, perché la fertilità torna ad appartenere al proprio corpo e a disinvestirsi dall'esterno.

E' una fase importante a cui rivolgere un'elaborazione consapevole, per accogliere il termine della ciclicità stessa in modo preparato (per quanto nulla ci prepari davvero ad esperienze ancora da vivere).

Per altre donne o coppie, la fine della ciclicità è celebrata come il sollievo dall'incombenza di evitare una gravidanza o del dover riflettere sull'uso della propria fertilità. Si esce dall'opportunità, quindi si esce dalla scelta, e per qualcuno questa è una forma di libertà. Spesso sono situazioni personali dove la fertilità e la riproduzione sono state in qualche modo faticose da portare e sancire la fine delle domande può portare la pace dell'assenza.

Certamente la libertà di una sessualità di coppia scissa dalla possibilità di procreare ci chiede di ricaricare di senso il progetto di coppia o di vita personale.

Tutti questi vissuti possono racchiudersi anche entro la stessa persona, perciò quello che conta è fare spazio, senza pregiudizi, ma ascoltando il valore che questa fase esprime per noi

Dalle osservazioni emerse da parte di chi si occupa di metodi naturali, emerge spesso che la fine della vita fertile tipicamente non ha i connotati scomodi che tipicamente le vengono conferiti, per le donne che monitorano ed hanno monitorato.

Come sempre, il corpo si incarica di comunicare ciò che la mente non accoglie, perciò è lecito pensare che trovarsi di scatto davanti a cambiamenti non pensati, non mentalizzati, mai formulati o attenzionati, possa produrre molti più "sintomi" di quelli che possano esserci per altre.

Poi è facile dare tutta la colpa agli ormoni, come al solito riproducendo immagini di una condizione femminile come svantaggiata, quando è invece solo molto incompresa (dai più).

Io me la immagino come la fase di passaggio naturale che è , come la pubertà. Sì, ci saranno cambiamenti fisici (ma siamo sempre in cambiamento!), ci saranno nuove esigenze e nuove abitudini. Ma se abbiamo imparato ad accogliere il cambiamento e a "surfare l'onda", penso che siamo nella miglior posizione per prendercene cura (poi magari sono troppo spavalda e mi stende quando tocca a me, non lo so, ci sta ma la prendo, che tocca fa' non la posso rimanda' indietro! Ma di certo so che imparerò molte cose utili nel gestirla!)

Per me la fase più pesante sarà quella che ho davanti. Vedere la finestra di opportunità riproduttiva chiudersi, mangiarsi a poco a poco la mia possibilità di scelta. Finché si hanno 30 anni, ci si dice sempre "eh vabbe', poi vedremo, c'è ancora tempo". Quando arrivano i 40, la storia inevitabilmente cambia. Vedo ridursi progressivamente il mio accesso non solo ad una procreazione di fatto (che ancora vivo come possibile), ma soprattutto l'accesso ad una mia presa di posizione, che non ho mai veramente preso in età adulta, e mi porta via quest'occasione di confronto con me stessa, che sento non essere mai veramente affrontata in profondità. Questa sensazione di essere rimasta in superficie, ho la percezione che mi potrebbe costare emotivamente. Eppure quando provo ad elaborarlo, sento solo una certa serenità, come se fosse un tema che non ha bisogno di fare il lavoro che mi suggerirei di fare. E qui fiuto l'inganno questa ambivalenza per me è maggiore rispetto all'ambivalenza sulla procreazione di per sé, forse perché riconosco che quest'ultima non mi appartiene completamente: dipende anche da un partner (che ad esempio ora non c'è), dipende dal divino, dalla natura, dal mondo intorno a me che non controllo, ed in questo la pace c'è sempre stata. Insomma, vorrei inquietarmi preventivamente un po' e non mi viene