Psicologo, psicoterapeuta, psichiatra..?
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Psicologo, psicoterapeuta, psichiatra..?
Un topic per fare chiarezza sulle diverse figure professionali nell'ambito della salute mentale, salute psicofisica e psicopedagogica
Lo Psicologo è un professionista del funzionamento della mente umana, da un punto di vista sia fisiologico, sia psicopatologico.
Si occupa delle funzioni psichiche, ovvero l'insieme di abilità funzionali della mente tra cui il pensiero, le emozioni, le motivazioni, il comportamento interno o esterno, la percezione, la memoria, il linguaggio, gli affetti, la socialità, le relazioni, solo per citarne alcune. Tutte le funzioni psichiche cooperano o interagiscono per consentire l'adattamento della persona all'ambiente e la realizzazione dei suoi obiettivi desiderati.
La legge che regola le attività dello Psicologo è la legge 56/89, che definisce atti tipici dello Psicologo la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione delle funzioni psichiche, il sostegno in ambito psicologico e la ricerca, rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità.
Lo Psicologo ha completato un percorso formativo di 5 anni di studi universitari, un anno di tirocinio ed un Esame di Stato. E' legittimato all'esercizio della professione tramite l'iscrizione all'apposito Albo professionale (Ordine Nazionale degli Psicologi).
A seguito del Ddl Lorenzin nel 2018, lo Psicologo è riconosciuto come un professionista sanitario, questo significa che la prestazione psicologica può essere portata in detrazione del 19% dalle spese mediche in fase di dichiarazione dei redditi, quando il pagamento avviene in modalità tracciabile.
Chi è invece lo psicoterapeuta
Lo psicoterapeuta è uno Psicologo oppure un Medico Psichiatra che hanno completato un percorso di studi addizionale di 4 anni, formandosi in uno specifico modello terapeutico di supporto alla sua professione. Questo modello sarà definito dall'indirizzo della sua formazione, ad esempio psicoterapia ad indirizzo cognitivo-comportamentale, sistemico-relazionale, psicodinamico/psico-analitico, analitico-transazionale, bioenergetico, solo per citarne alcune.
Il modello di psicoterapia scelto per la propria formazione gli conferisce una serie di strumenti di intervento, tecniche e modalità operative per gestire quei piani di vita compromessi o da potenziare di cui il soggetto è portatore, che meglio possano beneficiare di quello specifico intervento. Es. un disturbo d'ansia potrà giovare di tecniche cognitivo-comportamentali, un disturbo affettivo potrebbe beneficiare di un approccio psicodinamico, e così via.
Lo psicanalista, termine che a volte viene usato impropriamente in sostituzione di psicologo o psicoterapeuta, è tecnicamente uno psicoterapeuta di formazione psicoanalitica.
Da notare che mentre per le forme più classicamente intese di disagio psicologico molteplici approcci psicoterapeutici possano essere indicati, esistono anche altri disturbi o disagi privi di una terapia di elezione, in quanto richiedono un approccio diverso al funzionamento mentale. Ad esempio nel caso di Disturbi Specifici dell'Apprendimento o di Disturbi dello Spettro Autistico, le tecniche in grado di facilitare cambiamento sono soprattutto tecniche educative e psico-educative.
Qual è la differenza?
Un falso mito circolante ai giorni nostri (e purtroppo promosso da tanti appartenenti alla categoria professionale) è che lo psicoterapeuta "curi" i disturbi psichichi, mentre lo Psicologo si debba limitare a fare consulenza in sostanza a chi sta "bene", oppure che lo Psicologo abbia un limite di sedute che può realizzare con il paziente prima di dover fare necessariamente un invio, o ancora, che lo Psicologo si occupi di "cambiamento", mentre lo psicoterapeuta si occupi di "risoluzione dei sintomi" o "trasformazione più profonda" (e il paziente giustamente si chiede, "e che differenza c'è?").
Tutte queste affermazioni sono purtroppo false e arrecano danno prima di tutto ai pazienti, in quanto non è corretto distinguere i pazienti in base alla loro etichetta diagnostica, dato che il funzionamento mentale opera su un continuum. Ciò che distingue i pazienti può essere la gravità o intensità dei loro sintomi o la compromissione del loro funzionamento di vita, ma non la qualità dei meccanismi psicologici operanti. Per fare un esempio, l'ansia funziona negli stessi modi a prescindere che il soggetto la gestisca perfettamente da solo o che non riesca ad esempio ad uscire di casa.
Inoltre, lo Psicologo promuove la abilitazione/riabilitazione di risorse che appartengono al soggetto: per questo, la qualità della cura non viene da distinzioni tra i titoli dei professionisti, ma dalla buona alleanza terapeutica, quella relazione di fiducia e di cura che permette al professionista di utilizzare le sue competenze per stimolare la capacità del soggetto stesso di trasformarsi! Lo Psicologo è naturalmente tenuto in scienza, coscienza e responsabilità ad impiegare esclusivamente le competenze per le quali ha adeguata preparazione ed abilità, ed a fare invii qualora la situazione del paziente richieda competenze che non possiede.
L'invio può essere verso uno psicoterapeuta formato nell'indirizzo valutato come il più adatto a trattare la situazione presentata dal paziente, tanto quanto verso un altro Psicologo che ritiene particolarmente preparato in tale area o più equipaggiato per affrontare una valutazione diagnostica (ad esempio, l'invio presso un centro specializzato che possiede un repertorio più ampio di strumenti diagnostici).
L'invio sarà invece verso lo Psichiatra, medico formato in psicoterapia, che è l'unica figura (insieme al medico di base) con la facoltà di prescrivere farmaci per la cura delle disfunzioni psicopatologiche.
Può accadere infatti che un percorso di trattamento richieda un supporto farmacologico per aiutare il paziente ad avere accesso alle sue risorse, attraverso le quali svilupperà una migliore gestione dei sintomi e strutturerà il proprio cambiamento.
Piccola curiosità nonostante la Psicologia sia una disciplina estremamente vasta, che abbraccia funzioni e piani di vita anche molto diversi (pensiamo allo Psicologo della Salute, allo Psicologo del Lavoro, allo Psicologo dell'Educazione, e così via), in base ad una delibera del 2007 (CNOP), allo Psicologo non è consentito l'utilizzo del termine "esperto" per precisare al pubblico la sua area di lavoro, in quanto ritenuto fuorviante per la trasparenza del messaggio alla collettività relativo alle sue competenze.
Lo Psicologo è un professionista del funzionamento della mente umana, da un punto di vista sia fisiologico, sia psicopatologico.
Si occupa delle funzioni psichiche, ovvero l'insieme di abilità funzionali della mente tra cui il pensiero, le emozioni, le motivazioni, il comportamento interno o esterno, la percezione, la memoria, il linguaggio, gli affetti, la socialità, le relazioni, solo per citarne alcune. Tutte le funzioni psichiche cooperano o interagiscono per consentire l'adattamento della persona all'ambiente e la realizzazione dei suoi obiettivi desiderati.
La legge che regola le attività dello Psicologo è la legge 56/89, che definisce atti tipici dello Psicologo la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione delle funzioni psichiche, il sostegno in ambito psicologico e la ricerca, rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità.
Lo Psicologo ha completato un percorso formativo di 5 anni di studi universitari, un anno di tirocinio ed un Esame di Stato. E' legittimato all'esercizio della professione tramite l'iscrizione all'apposito Albo professionale (Ordine Nazionale degli Psicologi).
A seguito del Ddl Lorenzin nel 2018, lo Psicologo è riconosciuto come un professionista sanitario, questo significa che la prestazione psicologica può essere portata in detrazione del 19% dalle spese mediche in fase di dichiarazione dei redditi, quando il pagamento avviene in modalità tracciabile.
Chi è invece lo psicoterapeuta
Lo psicoterapeuta è uno Psicologo oppure un Medico Psichiatra che hanno completato un percorso di studi addizionale di 4 anni, formandosi in uno specifico modello terapeutico di supporto alla sua professione. Questo modello sarà definito dall'indirizzo della sua formazione, ad esempio psicoterapia ad indirizzo cognitivo-comportamentale, sistemico-relazionale, psicodinamico/psico-analitico, analitico-transazionale, bioenergetico, solo per citarne alcune.
Il modello di psicoterapia scelto per la propria formazione gli conferisce una serie di strumenti di intervento, tecniche e modalità operative per gestire quei piani di vita compromessi o da potenziare di cui il soggetto è portatore, che meglio possano beneficiare di quello specifico intervento. Es. un disturbo d'ansia potrà giovare di tecniche cognitivo-comportamentali, un disturbo affettivo potrebbe beneficiare di un approccio psicodinamico, e così via.
Lo psicanalista, termine che a volte viene usato impropriamente in sostituzione di psicologo o psicoterapeuta, è tecnicamente uno psicoterapeuta di formazione psicoanalitica.
Da notare che mentre per le forme più classicamente intese di disagio psicologico molteplici approcci psicoterapeutici possano essere indicati, esistono anche altri disturbi o disagi privi di una terapia di elezione, in quanto richiedono un approccio diverso al funzionamento mentale. Ad esempio nel caso di Disturbi Specifici dell'Apprendimento o di Disturbi dello Spettro Autistico, le tecniche in grado di facilitare cambiamento sono soprattutto tecniche educative e psico-educative.
Qual è la differenza?
Un falso mito circolante ai giorni nostri (e purtroppo promosso da tanti appartenenti alla categoria professionale) è che lo psicoterapeuta "curi" i disturbi psichichi, mentre lo Psicologo si debba limitare a fare consulenza in sostanza a chi sta "bene", oppure che lo Psicologo abbia un limite di sedute che può realizzare con il paziente prima di dover fare necessariamente un invio, o ancora, che lo Psicologo si occupi di "cambiamento", mentre lo psicoterapeuta si occupi di "risoluzione dei sintomi" o "trasformazione più profonda" (e il paziente giustamente si chiede, "e che differenza c'è?").
Tutte queste affermazioni sono purtroppo false e arrecano danno prima di tutto ai pazienti, in quanto non è corretto distinguere i pazienti in base alla loro etichetta diagnostica, dato che il funzionamento mentale opera su un continuum. Ciò che distingue i pazienti può essere la gravità o intensità dei loro sintomi o la compromissione del loro funzionamento di vita, ma non la qualità dei meccanismi psicologici operanti. Per fare un esempio, l'ansia funziona negli stessi modi a prescindere che il soggetto la gestisca perfettamente da solo o che non riesca ad esempio ad uscire di casa.
Inoltre, lo Psicologo promuove la abilitazione/riabilitazione di risorse che appartengono al soggetto: per questo, la qualità della cura non viene da distinzioni tra i titoli dei professionisti, ma dalla buona alleanza terapeutica, quella relazione di fiducia e di cura che permette al professionista di utilizzare le sue competenze per stimolare la capacità del soggetto stesso di trasformarsi! Lo Psicologo è naturalmente tenuto in scienza, coscienza e responsabilità ad impiegare esclusivamente le competenze per le quali ha adeguata preparazione ed abilità, ed a fare invii qualora la situazione del paziente richieda competenze che non possiede.
L'invio può essere verso uno psicoterapeuta formato nell'indirizzo valutato come il più adatto a trattare la situazione presentata dal paziente, tanto quanto verso un altro Psicologo che ritiene particolarmente preparato in tale area o più equipaggiato per affrontare una valutazione diagnostica (ad esempio, l'invio presso un centro specializzato che possiede un repertorio più ampio di strumenti diagnostici).
L'invio sarà invece verso lo Psichiatra, medico formato in psicoterapia, che è l'unica figura (insieme al medico di base) con la facoltà di prescrivere farmaci per la cura delle disfunzioni psicopatologiche.
Può accadere infatti che un percorso di trattamento richieda un supporto farmacologico per aiutare il paziente ad avere accesso alle sue risorse, attraverso le quali svilupperà una migliore gestione dei sintomi e strutturerà il proprio cambiamento.
Piccola curiosità nonostante la Psicologia sia una disciplina estremamente vasta, che abbraccia funzioni e piani di vita anche molto diversi (pensiamo allo Psicologo della Salute, allo Psicologo del Lavoro, allo Psicologo dell'Educazione, e così via), in base ad una delibera del 2007 (CNOP), allo Psicologo non è consentito l'utilizzo del termine "esperto" per precisare al pubblico la sua area di lavoro, in quanto ritenuto fuorviante per la trasparenza del messaggio alla collettività relativo alle sue competenze.
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Dott.ssa Jessica Borgogni
www.jessicaborgogni.it
Psicologa dell'area clinica e perinatale
Educatrice del Metodo Ladyfertility
I miei grafici: https://www.fertilityfriend.com/home/1db1de
A Luna nuova piace questo messaggio.
Re: Psicologo, psicoterapeuta, psichiatra..?
mulan ha scritto:considera che ci sono diversi approcci e non per forza l'unica alternativa alla terapia strategica breve è la psicanalisi.
100% corretto anzi, la psicanalisi (approccio psico-dinamico) è ormai molto desueta, si farebbe difficoltà a trovare un terapeuta che la pratichi, per esempio tra quelli della nostra generazione!
E' stata sostituita da altre "mode" terapeutiche su cui gli Psicologi tendono a formarsi in questi ultimi decenni, prima fra tutte la CBT (Cognitive Behavioral Therapy), in italiano "psicoterapia cognitivo-comportamentale". A leggere gli studi pubblicati, la CBT appare come una panacea miracolosa per tutti i disturbi più comuni. Ansia? Depressione? Disturbi alimentari? Cognitivo-comportamentale!
E' un ottimo approccio perché è molto versatile ed obiettivamente raggiunge risultati, ma non è l'unico e faccio questa sottolineatura perché appunto l'approccio è una cosa, la relazione terapeutica un'altra
Colgo l'occasione di sottolineare che lo Psicologo non necessita del titolo di psicoterapeuta per praticare terapia psicologica, perché è già il suo lavoro il titolo serve a specificare eventualmente in quale modello di cura è particolarmente formato, ma ciò non toglie che uno Psicologo in quanto tale sia già formato in una pluralità di approcci e sappia identificare cosa occorre al paziente, tra cui eventualmente anche un invio a colleghi, se valuta che ciò risponda alle necessità.
Ad un paziente suggerirei sempre di cercare un professionista che abbia esperienza con il tema che intende trattare, perché se è vero che lo Psicologo è formato su tutta la gamma che va dai disturbi mentali al disagio psicologico, poi per forza di cose ciascun professionista farà esperienza con certe aree e meno con altre, anche in base al sentire personale.
Non è inusuale dover bussare a qualche porta prima di trovare un professionista con cui ci "troviamo" ed è molto importante!
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Dott.ssa Jessica Borgogni
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Re: Psicologo, psicoterapeuta, psichiatra..?
Uhm, forse non conosco bene il tema... quelli che ti fanno parlare di come ti senti, raccontare la tua infanzia... che tipo di approccio praticano?
Io sono stata 4 volte da psicologhe/psicoterapeute...
La prima volta da quella gratuita dall'università...avevo ansia per gli esami e non sapevo cosa fare del mio futuro... servita a nulla, diceva cose banali che già sapevo e che non mi aiutavano, e c'era sempre la tirocinante a prendere appunti che mi metteva a disagio...
Seconda volta, poco dopo, da una che si occupava specificatamente di problemi di ansia (mille titoli, anche famosa in città) ma che si era poi fissata con il fatto che secondo lei dovevo lasciare il mio fidanzato perché non riusciva a laurearsi... arrivava a urlarmi durante le sedute che mi dovevo svegliare o cose del genere...l'ho vissuta come una violenza vera e propria... salutata a mai più, mi sono gestita l'ansia per conto mio, poi ho trovato lavoro e stavo meglio...
Terza volta durante la seconda gravidanza... avevo sofferto di baby blues la prima volta e poi nei primi 3 mesi della seconda avevo avuto crisi di panico in associazione con l'assunzione di progesterone! Sono andata da quella del percorso nascita del consultorio, carina, mi faceva bene parlare con qualcuno senza ammorbare le mie amiche, ma niente di più... e poi c'era sempre l'immancabile tirocinante a prendere appunti.
Quarta volta online, per superare una mia ansia per le malattie dei bambini, dovuta ad un periodo in cui Viola aveva 40 di febbre ogni 28 giorni precisi (pfapa)... mi ha un po' aiutata, sono un po' migliorata, ma non molto, il cuore del problema (la mia ipocondria) è ancora lì. Lei mi faceva parlare della mia infanzia ma anche mi dava degli esercizi da fare... che perlopiù mi sembravano stupidi... tenere un diario, passare 15 minuti cercando di stare più male possibile, esercizi di respirazione...
Ma c'è una cosa che accomuna tutte le volte che ci ho provato (tranne la pazza isterica ma vabbè da quella sono scappata e basta): dopo un po' mi stufavo e dicevo che stavo meglio. E in generale avevo l'impressione di non dire la verità. Di costruire una storia. Non mi sentivo me stessa. E poi dopo un po' che le terapeute parlavano mi distraevo e smettevo di ascoltarle, neanche fossi un'adolescente a scuola! Forse cercavo di convincermi che stavo bene perché economicamente non ce la facevo più e sapere di stare spendendo tanto mi metteva ancora più nervoso.
Non lo so...
Mi sa che sono una paziente troppo difficile!
Io sono stata 4 volte da psicologhe/psicoterapeute...
La prima volta da quella gratuita dall'università...avevo ansia per gli esami e non sapevo cosa fare del mio futuro... servita a nulla, diceva cose banali che già sapevo e che non mi aiutavano, e c'era sempre la tirocinante a prendere appunti che mi metteva a disagio...
Seconda volta, poco dopo, da una che si occupava specificatamente di problemi di ansia (mille titoli, anche famosa in città) ma che si era poi fissata con il fatto che secondo lei dovevo lasciare il mio fidanzato perché non riusciva a laurearsi... arrivava a urlarmi durante le sedute che mi dovevo svegliare o cose del genere...l'ho vissuta come una violenza vera e propria... salutata a mai più, mi sono gestita l'ansia per conto mio, poi ho trovato lavoro e stavo meglio...
Terza volta durante la seconda gravidanza... avevo sofferto di baby blues la prima volta e poi nei primi 3 mesi della seconda avevo avuto crisi di panico in associazione con l'assunzione di progesterone! Sono andata da quella del percorso nascita del consultorio, carina, mi faceva bene parlare con qualcuno senza ammorbare le mie amiche, ma niente di più... e poi c'era sempre l'immancabile tirocinante a prendere appunti.
Quarta volta online, per superare una mia ansia per le malattie dei bambini, dovuta ad un periodo in cui Viola aveva 40 di febbre ogni 28 giorni precisi (pfapa)... mi ha un po' aiutata, sono un po' migliorata, ma non molto, il cuore del problema (la mia ipocondria) è ancora lì. Lei mi faceva parlare della mia infanzia ma anche mi dava degli esercizi da fare... che perlopiù mi sembravano stupidi... tenere un diario, passare 15 minuti cercando di stare più male possibile, esercizi di respirazione...
Ma c'è una cosa che accomuna tutte le volte che ci ho provato (tranne la pazza isterica ma vabbè da quella sono scappata e basta): dopo un po' mi stufavo e dicevo che stavo meglio. E in generale avevo l'impressione di non dire la verità. Di costruire una storia. Non mi sentivo me stessa. E poi dopo un po' che le terapeute parlavano mi distraevo e smettevo di ascoltarle, neanche fossi un'adolescente a scuola! Forse cercavo di convincermi che stavo bene perché economicamente non ce la facevo più e sapere di stare spendendo tanto mi metteva ancora più nervoso.
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Eowyn- Numero di messaggi : 3470
Età : 37
Località : Trento
Data d'iscrizione : 05.12.10
Re: Psicologo, psicoterapeuta, psichiatra..?
Mamma mia Eowyn, ci credo che sei rimasta sconvolta!Eowyn ha scritto:...si era poi fissata con il fatto che secondo lei dovevo lasciare il mio fidanzato perché non riusciva a laurearsi... arrivava a urlarmi durante le sedute che mi dovevo svegliare o cose del genere...l'ho vissuta come una violenza vera e propria...
Non so cosa ne pensa Jessica, ma di base un terapeuta non di dice "ciò che dovresti fare", ma cerca di darti gli strumenti per arrivare TU a ciò che è meglio per TE. Ti racconto una cosa che sembra banale: lo scorso anno iniziai una terapia perché io e un mio collega ci eravamo presi una sbandata a vicenda e volevo capire cosa mi stesse succedendo, anche perché avevo riconosciuto in lui tratti narcisistici presenti nel mio ex storico. Beh, nonostante fosse PALESE che questa persona non mi avrebbe mai fatto bene non mi ha mai detto "mandalo a quel paese", è stata una cosa alla quale sono arrivata attraverso un percorso, che mi ha fatto capire anche per quale motivo in certi momenti della mia vita queste persone riescono ad affascinarmi. In questo causo la terapeuta scelta segue l'approccio dell'analisi transazionale, a volte c'era qualche domanda sull'infanzia ma proiettata a situazioni attuali (ad esempio "ricordi nella tua storia altre situazioni in cui ti sei sentita così?").
Ovviamente non so con quale tipo di approccio puoi trovarti meglio tu, ma di base considera che entrambe le volte che ho fatto terapia le prime tre sedute sono state "di prova", ossia finalizzate a capire se si fosse instaurata una relazione professionista-paziente costruttiva.
Forse potrebbe essere utile informarti preventivamente sulla spesa richiesta e valutare il budget? Ovvio che affrontare la terapia con la fretta di chiudere è poco costruttivo, e se arrivi a metterti la maschera con il terapeuta stesso ti ritrovi sempre nella stessa dinamica in cui devi stringere i denti e andare avanti.Eowyn ha scritto:...dopo un po' mi stufavo e dicevo che stavo meglio. E in generale avevo l'impressione di non dire la verità. Di costruire una storia. Non mi sentivo me stessa. E poi dopo un po' che le terapeute parlavano mi distraevo e smettevo di ascoltarle, neanche fossi un'adolescente a scuola! Forse cercavo di convincermi che stavo bene perché economicamente non ce la facevo più e sapere di stare spendendo tanto mi metteva ancora più nervoso.
mulan- Numero di messaggi : 3150
Età : 35
Data d'iscrizione : 30.08.11
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Re: Psicologo, psicoterapeuta, psichiatra..?
Potenzialmente tutti le prime sedute in particolare sono volte a raccogliere l'anamnesi, cioè a "conoscere" il paziente e a seconda della direzione da prendere può includere domande relative alla propria infanzia e ai rapporti primari (genitori, fratelli), insieme a vari altri aspetti generali della vita del paziente (lavoro, assetto familiare, ecc. se è adulto).Eowyn ha scritto:Uhm, forse non conosco bene il tema... quelli che ti fanno parlare di come ti senti, raccontare la tua infanzia... che tipo di approccio praticano?
Grazie di aver riportato le tue esperienze! Spero sia stato utile anche per te per riflettere sui pensieri e le sensazioni che ti hanno generato e focalizzare su potenziali comuni denominatori
Condivido alcune riflessioni, che spero possano essere utili!
Mi dispiace molto intanto per l'incontro con la seconda terapeuta che oggettivamente, se urlava, ti faceva davvero violenza ricorda che hai la possibilità di segnalarla al suo Ordine regionale.
Negli altri scenari, invece, mi sembra di capire che non si è creata quell'alleanza terapeutica che è alla base della possibilità di aiutare l'altro, per il professionista, e ricevere l'aiuto dall'altra parte, da parte del paziente. Ma questo obiettivo lo raggiungono INSIEME, collaborando, in maniera fruttuosa. Per riuscire a fare questo servono una serie di ingredienti che entrambi contribuiscono nella loro misura.
Un aspetto che mi sento di sottolineare delle interazioni che riporti è la comunicazione. Ad esempio, capisco che la presenza dei tirocinanti ti ha messo a disagio e questo è perfettamente comprensibil. Infatti lo Psicologo deve ottenere il consenso informato per fare assistere tirocinanti alla seduta ed il paziente ha il pieno diritto di rifiutare (proprio perché è comune che sia un elemento di distrazione, disagio o imbarazzo). Se lo Psicologo non ottiene il consenso informato, sta commettendo una violazione e come minimo il paziente ha il diritto di farlo presente. E può essere un esercizio utile per imparare ad esprimersi e porre confini Poi come sempre ha anche il diritto di interrompere il percorso in qualunque momento.
Un altro esempio di disallineamento comunicativo riguarda anche la tua valuazione degli esercizi proposti come "stupidi". Ogni attività in un percorso terapeutico, per quanto apparentemente banale, puo' essere trasformativa e apportare progresso (come può risultare assolutamente inutile), ma certamente non potrà mai esserti utile un esercizio che consideri "stupido" E se consideri "stupido" il suo suggerimento, il tuo terapeuta DEVE saperlo tranquilla, non si offende! Ma deve sapere che non ha veramente la tua partecipazione rispetto all'attività proposta e senza questa, non funzionerà alcun esercizio al mondo, non importa quanto "sofisticato" o "strategico" o "innovativo"! Quindi d'accordissimo con il commento di Mulan riguardo alla "maschera"
Se invece glielo comunichi, potete lavorare su questo aspetto e trovare insieme una modalità di fare l'esercizio che possa davvero servire e funzionare per TE Piccola nota sul fatto che la maggior parte dei terapeuti (e delle persone) sono neurotipiche e proporranno attività che hanno senso per i neurotipici e che invece sistematicamente per esempio per i neurodivergenti non hanno grande senso. Per dire, esiste questo aspetto, ed i terapeuti non ne sono tipicamente consapevoli, i pazienti giustamente nemmeno...ed ecco parte dell'insuccesso terapeutico.
Un mito da sfatare, poi, per una buona riuscita del percorso, è che il paziente non va in terapia per ricevere una "cura" calata dall'alto o un intervento stile "bacchetta magica". Il paziente deve essere attivo per poter costruire il suo percorso - e il professionista lo aiuta a mobilitare le risorse per poterlo fare. Se il paziente non porta una sua reale motivazione, la trasformazione semplicemente non può essere provocata dall'esterno. Il paziente deve essere disposto ad un cambiamento e questo può creare molta angoscia perché minaccia il senso di sicurezza di quelle "poche cose di me e del mondo che so essere così e quindi devono restare così". E' in assoluto il freno più comune che le persone hanno rispetto ad un percorso terapeutico e di fatto il motivo per cui in tanti non lo affronteranno mai, pur avendo necessità.
L'aspetto del budget è un altro aspetto di cui tutti in quanto adulti siamo dolorosamente consapevoli, ma anche questo è importante da comunicare! Sia perché insieme potete trovare soluzioni (es. pagamenti dilazionati, riduzioni, invii ad altri colleghi, ecc.), sia perché di nuovo è fondamentale che sappia che in terapia "ci sei", ma "non ci sei" perché sei distratta da altro che ti pesa. Se non puoi dire tutto questo al tuo terapeuta, allora a chi?
Consiglio per Eowyn: allenati a dire agli altri, all'esterno, quello che per te, all'interno tenderesti a non dire perché ti sembra OVVIO
Sicuramente ci hai messo molta motivazione se ti sei rivolta a dei professionisti per varie volte non demordere, è abbastanza comune che occorra qualche tentativo per trovare la relazione più efficace per noi!
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Dott.ssa Jessica Borgogni
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Re: Psicologo, psicoterapeuta, psichiatra..?
Grazie Mulan per l'opportunità di commentare questo aspetto, che in effetti è tra le domande ricorrenti dei pazientimulan ha scritto:
Non so cosa ne pensa Jessica, ma di base un terapeuta non di dice "ciò che dovresti fare", ma cerca di darti gli strumenti per arrivare TU a ciò che è meglio per TE.
Un terapeuta ti dice o ti dovrebbe dire cosa fare..?
La mia risposta è che "dipende". In realtà il concetto che potreste aver sentito dire proprio dagli Psicologi è che un terapeuta "non ti dice cosa fare". E detto così, secondo me è un'arma a doppio taglio. E' anche il retaggio di una postura emotiva tipica della psicanalisi, dove l'analista aveva il mandato esplicito di interferire il meno possibile con il flusso del paziente. Altre linee terapeutiche oggi sono molto diverse e in linea di massima lo Psicologo non è più così "trincerato", ma interagisce, si coinvolge, sempre a servizio del paziente e nel massimo rispetto delle sue reali esigenze.
Ci sono infatti molte sfumature al "dirti cosa devi fare". Preferibilmente e nella maggior parte delle circostanze, il paziente arriva all'insight (cioè alla realizzazione di una verità interiore) in autonomia, accompagnato e sostenuto dal terapeuta. Questo assicura che la nuova consapevolezza che gli appartiene sia genuina, autentica, viene effettivamente da dentro ed è frutto di un cambiamento.
E giustamente il paziente non deve avere l'aspettativa che si vada dallo Psicologo per sapere cosa fare. O meglio, gradualmente saprai sempre meglio cosa fare, ma perché lo hai scoperto insieme al terapeuta, non perché qualcuno ti ha dato la ricetta magica
Poi ci sono momenti in cui un paziente, magari all'apice della crisi, ti può chiedere "Dottoressa, cosa devo fare? Me lo dica lei". Ecco, lo Psicologo non prescrive: cioè non ti dice "fai questa lista di cose e poi starai bene". Questo perché il paziente non è un burattino e soprattutto fare qualcosa solo perché ce l'ha detto qualcun altro non ha assolutamente valore né significato per la nostra vita.
Se però il paziente domanda al terapeuta il suo parere "Ma secondo te, cosa dovrei fare?" è perché dentro sta già soppesando varie opzioni ed un parere dall'esterno può essere uno strumento molto utile per consapevolizzarsi della sua realtà interna. Anche solo perché il paziente avrà una reazione a questo parere e quella reazione è molto preziosa per la sua consapevolizzazione.
Esempio: "secondo te, dovrei lasciare il mio fidanzato?" Se la situazione presenta oggettivi segnali di rischio e / o il paziente mostra segnali di disagio, il professionista non solo ha il diritto, ma in certi casi anche il dovere di esprimersi e sbilanciarsi. Io trovo deontologicamente scorretto in quel caso attendere, puramente per una questione di "approccio", X sedute che una persona "ci arrivi da sola" alla realizzazione che deve lasciare il marito violento, per esempio. Dal tentativo di sostenere l'acquisizione indipendente si rischia di creare un contesto di trascuratezza. Chiaramente è fondamentale muoversi con cautela, ma in alcuni casi, mettere dei paletti sulla realtà è importantissimo e spesso il terapeuta è l'unica persona che lo fa, perché amici e parenti, appunto, "non si vogliono mettere in mezzo".
Altre volte il paziente ha bisogno di un sostegno più pratico a costruire la sua vita, ad esempio ha bisogno di trovare lavoro e chiede "cosa dovrei fare?". Qui si può intervenire con suggerimenti anche molto pratici relativi all'accesso ai servizi, fornendo informazioni che magari la persona non aveva e non si può ragionevolmente attendere che sviluppi magicamente da sola se nessuno gliele dà
Quindi dipende moltissimo dalla situazione, dalla richiesta, dal grado di consapevolezza del paziente e, in sintesi, di ciò che facilita il suo benessere
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Re: Psicologo, psicoterapeuta, psichiatra..?
No, assolutamente non obbligatorio fa parte delle scelte personali che ogni Psicologo adotta per la sua pratica clinica, ma non c'è nessun vincolo in merito. Io, per esempio, dò del tu a tutti i miei pazienti perché noto che viene molto spontaneo a loro per primi, quindi non c'è nessun problema! Curare la formazione della relazione è un aspetto cruciale del nostro lavoro, alcuni si sentono più a loro agio mantenendo il Lei per coltivare un clima più formale, di rispetto reciproco, ma l'altro lato della medaglia è che può creare distanza, proprio come stai sperimentando.Eowyn ha scritto:Domanda: il fatto di dare del LEI, è obbligatorio per gli psicologi? Cioè, lo fanno apposta per mantenere un certo distacco e magari non sembrare amici?
Se incontri un professionista con cui ti è difficile dare del Lei, assolutamente ti incoraggio a dirgli spontaneamente che ti senti più a tuo agio a dare del "tu" "Possiamo darci per caso del tu? mi sentirei più a mio agio". Un bravo professionista ti verrà incontro senza difficoltà!
La differenza in questo caso è più insita nel fatto che per questa professionista il paziente diretto è la bambina, e nel lavoro coi bambini ci può essere una prassi più consolidata dare del Lei al genitore perché in effetti c'è questo confine ulteriore. Quando lavoravo nelle scuole, anche io davo del Lei ai genitori, anche perché comunque li vedevo poco. Quando il genitore non è il paziente, si tende effettivamente a rivolgerci a lui/lei come "più" estraneo di quanto non sarebbe se la persona stessa fosse il diretto beneficiario dell'intervento. Ma ciò non toglie che tu possa fare la stessa richiesta
Eowyn- Numero di messaggi : 3470
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Re: Psicologo, psicoterapeuta, psichiatra..?
Ciao Eowyn,
Non so cosa sia “obbligatorio” o meno, io ti posso parlare della mia esperienza.
Quando ho iniziato con la mia terapeuta dopo poco ho iniziato subito a darle del tu, dicendole una cosa del tipo “bè ci diamo del tu”, perché anche io come te se avessi dovuto darle del lei non sarai riuscita ad aprirmi, perché l’avrei percepita come distaccata.
Lei penso abbia capito questa cosa e non ha detto nulla.
Poi non so se sono sembrata maleducata o aver mancato di rispetto professionale, ma per me era una cosa fondamentale.
Successivamente mi è capitato di avere degli incontri con un’ altra terapeuta (ho provato l’emdr), lei era molto impostata e ci davamo del lei, e questa cosa mi faceva sentire molto a disagio e non so se e quanto abbia influito alla negatività dell’esperienza.
Non so cosa sia “obbligatorio” o meno, io ti posso parlare della mia esperienza.
Quando ho iniziato con la mia terapeuta dopo poco ho iniziato subito a darle del tu, dicendole una cosa del tipo “bè ci diamo del tu”, perché anche io come te se avessi dovuto darle del lei non sarai riuscita ad aprirmi, perché l’avrei percepita come distaccata.
Lei penso abbia capito questa cosa e non ha detto nulla.
Poi non so se sono sembrata maleducata o aver mancato di rispetto professionale, ma per me era una cosa fondamentale.
Successivamente mi è capitato di avere degli incontri con un’ altra terapeuta (ho provato l’emdr), lei era molto impostata e ci davamo del lei, e questa cosa mi faceva sentire molto a disagio e non so se e quanto abbia influito alla negatività dell’esperienza.
Atena- Numero di messaggi : 88
Età : 41
Data d'iscrizione : 12.04.22
Re: Psicologo, psicoterapeuta, psichiatra..?
Noooooo ho fatto un errore enorme
Chiedo scusa soprattutto ad Eowyn, ho cliccato su Edit anziché Quote e ho sostituito il suo messaggio per sbaglio!!!! Sono mortificata!!!!!
Chiedo scusa soprattutto ad Eowyn, ho cliccato su Edit anziché Quote e ho sostituito il suo messaggio per sbaglio!!!! Sono mortificata!!!!!
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Dott.ssa Jessica Borgogni
www.jessicaborgogni.it
Psicologa dell'area clinica e perinatale
Educatrice del Metodo Ladyfertility
I miei grafici: https://www.fertilityfriend.com/home/1db1de
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