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Educazione dei bambini

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Messaggio Da Jessica Mar Mar 12, 2024 12:09 pm

Ogni strategia ha il suo contesto di applicazione!

La token economy divide molto per questo motivo: da un profilo cognitivo-comportamentale, non fa una piega. Rientra nel sistema di premi e punizioni e ne condivide la logica. Per cui da un punto di vista di risultato/obiettivo (ottenere il comportamento desiderato), può essere molto efficace. Il problema è proprio la logica sottostante, adeguata ad una visione più meccanica dell'individuo e meno umanistica. Spesso viene considerata un'ultima risorsa (es. in situazioni di deficit cognitivo) perché si preferisce coltivare capacità più lungimiranti nel bambino, rispetto alla semplice attivazione del sistema dopaminico, che è lo stesso che alimenta le dipendenze.

Usata senza discrimine, è l'equivalente delle punizioni fisiche, ma al contrario, nel senso che il bambino risponde molto meglio perché ottiene una ricompensa. E se pensiamo come possono essere "efficaci" le forme di violenza nell'estinguere comportamenti (=unicamente inducendo sottomissione), possiamo capire come un sistema fatto di premi possa essere a maggior ragione stimolante, perché trova la compiacenza del bambino.

Problemi:
1) non è una bacchetta magica che si può usare illimitatamente, perché poi subentra l'abituazione (sindrome del paradiso) e quindi smette pure di essere efficace (o al contrario, "condiziona" il genitore a erogare premi sempre più sostanziosi, intrappolando in un gioco di potere)
2) non fa alcuna leva sul significato simbolico del "fare la cosa giusta" (morale, prosociale, di autonomia personale, ecc.) e questo è il problema a lungo termine più grave
3) sappiamo ormai da tempo dalla letteratura come la motivazione intrinseca (quella che viene da dentro di noi) sia un predittore estremamente più affidabile per sostenere il comportamento nel tempo, rispetto alla motivazione estrinseca (quella motivata da una ricompensa erogata da altri). Ad esempio, è più probabile per uno studente continuare a studiare una materia con profitto se sperimenta gioia autentica nel farlo. Al contrario, gli studenti motivati per un certo tempo attraverso una ricompensa alimentare (pizza) anche se all'inizio dello studio erano motivati già a studiare la materia, alla fine dello studio avevano una motivazione più bassa a proseguire, non più alta!

Sappiamo che un grosso problema del sistema di punizioni, oltre che essere lesivo della dignità personale, è il fatto che stimola una visione sociopatica del mondo, per cui il comportamento giusto è messo in atto solo per evitare la punizione e non perché abbia un valore in sé. Sia evitare la punizione che perseguire il premio operano in base allo stesso meccanismo ed alimentano una visione dove tutti giocano contro tutti e non esiste la cooperazione, ma al massimo lo sfruttamento utilitaristico dell'altro. In altre parole il bambino impara a investire solo nelle azioni da cui ottiene una ricompensa tangibile e che "se un'azione non mi avvantaggia, non la faccio" (ognuno per sé), a fianco di "ti aiuto, ma solo se ho un mio tornaconto".

Il problema in questo meccanismo di condizionamento operante è che il premio, tanto quanto la punizione, spezzano l'associazione naturale tra comportamento e conseguenza.

Cosa intendo? "Se non studio per il compito, prendo un brutto voto" - Conseguenza naturale. Posso decidere che se non mi piace la conseguenza, la prossima volta posso modificare il mio comportamento. Questo mi mette in controllo e mi dà autonomia e quindi gratificazione. Io sono in controllo del risultato, attraverso la mia azione.
"Se non studio per il compito, i miei genitori mi puniscono" - Conseguenza aleatoria, decisa da qualcun altro. Il genitore potrebbe avere n reazioni diverse, tra cui facilitare il bambino nello studio. Invece adesso il bambino è concentrato a studiare per il compito SOLO per evitare la punizione. L'obiettivo originale di promuovere un rapporto efficace tra il bambino e lo studio adesso trova una deviazione dell'attenzione verso i genitori e cosa loro vogliono o si aspettano, verso il nostro rapporto che ora è in tensione, con la paura dell'abbandono. Nulla di tutto questo promuove il rapporto con lo studio perché di fatto cambia l'obiettivo.

Tuttavia, significa che la token economy non può avere un ruolo mai?
No, perché di fatto anche da adulti ci troviamo a sperimentarne i benefici in alcuni contesti, ad esempio per motivarci ad un compito che davvero ci risulta ostico, ma è necessario, prefigurandoci una ricompensa successiva.

Il fatto è che il sistema della token economy presuppone un investimento piuttosto strategico e di lungo termine (per accumulare i punti), quindi la separazione tra il significato dell'obiettivo finale (es. imparare ad impegnarsi in un compito) ed il significato delle singole azioni necessarie cumulativamente per ottenerlo si divarica ancora di più, aprendo uno "strappo" sempre più grande tra me ed il significato autentico delle mie azioni e motivazioni, di fatto oscurando la possibilità di maturare una filosofia di vita più umana, vivibile e cooperativa.

Un altro aspetto oscuro, poco attenzionato della token economy, è che per gli stessi presupposti allontana anche l'individuo da se stesso e dai suoi autentici bisogni. Se le mie azioni possono essere "comprate" con un prezzo, sono incentivato a dissociarmi dai miei veri sentimenti e magari dal mio originale antagonismo verso l'azione richiesta. Ma le nostre emozioni sono lì per ottimi motivi, se un compito per me è odioso, ma posso auto-convincermi a farlo, magari qualcuno sarà contento perché "ohhh finalmente ho fatto il bravo", ma io in cambio ho perso la connessione con me stesso. E abituarsi a non ascoltarsi, non vedersi, a cedersi in cambio di, è un costo troppo alto. Sposta la mia capacità di regolazione emotiva all'esterno, quando per essere efficace deve poter essere accessibile dentro di me e non dipendente dalla validazione degli altri.

Quindi un uso selezionato della strategia, magari per superare un ostacolo altrimenti insormontabile, può anche avere senso, soprattutto con un dialogo sottostante relativo al valore di fondo per il quale è richiesto un certo comportamento. E' l'uso pervasivo nell'educazione che purtroppo non solo attiva in modo cronico questi meccanismi, ma per di più sottende una mentalità dell'educatore già non consona a condurre in modo rispettoso lo sviluppo umano. Perché l'educatore entusiasta di questi mezzi sicuramente non condivide una visione particolarmente edificante dell'infanzia e dell'umano in generale. E lì diventa difficile distinguere la vera fonte del danno...

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Dott.ssa Jessica Borgogni
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Messaggio Da Eowyn Mer Mar 13, 2024 9:21 am

In generale concordo molto con te Jessica, soprattutto per quanto riguarda le punizioni, e per questo mi sono avvicinata alla disciplina dolce.
Però... ci sono cose che per i bambini, ma anche per gli adulti, sono molto difficili da fare. E forse se ci si impegna molto molto per farle, avere un premio immediato (oltre al capire che, nel futuro, avrò vantaggio da quella cosa) forse potrebbe aiutare nel fare "quel passo in più".
Quello che sto provando a fare con mia figlia è concordare dei piccoli premi per cose che per lei sono molto difficili, riconoscendo che per lei sono difficili e che premiamo l'impegno e la fatica che fa. Sempre spiegando che in realtà lo deve fare perchè sarà utile a lei, che è per se stessa. Parlo della scuola più che altro.
E' vero, magari un compito può essere odioso, ma va fatto, posso riconoscere che per me è odioso, ascoltarmi, capire la fatica che faccio e perdonarmi se non riesco, ma va fatto.

In fondo se noi adulti facciamo un esame ad esempio, non ci "autopremiamo" a volte con una cena fuori, o una qualche coccola? O se dobbiamo fare qualcosa di noioso al lavoro, non ci "consoliamo" perchè ci serve per prendere lo stipendio, o qualcosa di difficile e fuori dalla nostra confort zone perchè abbiamo poi un aumento o un premio di produzione? Non so, forse sono io che ormai sono troppo "orientata al lavoro" e inserita in dinamiche aziendali. Io in realtà faccio il mio lavoro perchè mi piace e perchè ritengo di essere utile alla società e all'ambiente, ma c'è anche chi lo fa solo per lo stipendio e va bene. O un po' e un po', a seconda dei momenti o dei contesti.

In tutto ciò sto cercando di capire come introdurre la questione della "paghetta", ormai ha quasi 8 anni e forse sarebbe giusto iniziare con un piccola paghetta, ma va data indipendentemente da tutto o vanno magari concordati "compiti" da fare per la cooperazione in famiglia? Forse per come è fatta mia figlia partirei con il dargliela e basta, sottolineando che è perchè LEI si compri un gelato o le figurine o le cose che vuole, stimolando l'autonomia del comprarsi da sola le cose. Contate che lei fa una fatica immensa ad entrare in edicola a chiedere un pacchetto di figurine, ma se in qual momento è molto motivata ce la fa. Idem per il gelato. E sonon cose che senza "esercizio" è difficile fare se non ci vengono naturali (parlo per esperienza personale).

Invece quello che facevo quando era più piccola (3-4 anni) era avere un cartellone per la routine serale, con animaletti da attaccare quando lavava i denti, riordinava i giochi, ecc. Tipo token economy ma senza il premio in fondo alla fila di cose attaccate. A lei bastava il piacere di attaccare un animaletto quando aveva fatto il "compito". Con il piccolo ho provato a proporlo (adesso che ha 4 anni e mezzo) ma a lui non gliene può fregar di meno! educazione - Educazione dei bambini - Pagina 27 220582 Si è messa lei a farlo al posto suo! educazione - Educazione dei bambini - Pagina 27 220582 C'è quindi una predisposizione personale all'efficacia o meno di questi metodi?
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